Alimentazione nel caso di insulino-resistenza e pre-diabete

Post pubblicato il 12/04/2022


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Che cos'è il pre-diabete?

Il pre-diabete è spesso una condizione assai trascurata e sottovalutata. Benché le analisi diventino allarmanti se la glicemia è uguale o superiore a 126 mg/dl a digiuno e uguale o superiore a 200 mg/dl a 2h da un pasto, dovremmo prestare attenzione e muoverci in anticipo soprattutto sui valori intermedi (in giallo):





I valori nella fascia arancione sono già una condizione di pre-diabete che dovebbero metterci in allarme, soprattutto se abbiamo familiarità con il diabete di tipo II. Proprio in questa fase dovrebbero essere presi provvedimenti a livello alimentare, e non solo dopo, quando è troppo tardi e il diabete di tipo II è ormai conclamato.





Cos'è l'insulino-resistenza?

È la fase che precede il diabete di tipo II. L'insulino-resistenza può insorgere anni e anni prima del diabete vero e proprio, talvolta anche in adolescenza, e comporta uno sforzo maggiore da parte del tuo pancreas nel produrre quantità enormi di insulina per riuscire a tenere sotto controllo la glicemia. Se non si prendono provvedimenti adesso, con il passare degli anni, il pancreas comincerà ad affaticarsi sempre di più producendo sempre meno insulina, necessitando di farmaci ipoglicemizzanti, fino ad arrivare alla fase finale in cui sarà necessaria l'insulina esogena tramite iniezioni.

Come capisco se sono insulino-resistente? È necessario il dosaggio sia della glicemia che dell'insulina a digiuno per poter calcolare l'indice di HOMA, utile parametro preliminare per valutare la presenza o meno di insulino-resistenza. L'indice di Homa è utile ma non diagnostico, sarà in seguito necessaria una curva da carico OGTT di glicemia e insulinemia per confermare e diagnosticare un eventuale insulino resistenza.



Come si risolve?

Alimentazione corretta e attività fisica sono i fattori principali su cui agire. Considera che gran parte del problema deriva da un insieme di fattori, tra cui anche la genetica. È vero che se abbiamo genitori o nonni con il diabete di tipo II abbiamo più probabilità di svilupparlo in futuro, ma l'esito e le tempistiche dipenderanno in primo luogo da cosa facciamo durante il corso della nostra vita. Quindi non fasciamoci la testa prima di cadere!

Purtroppo la sedentarietà, il sovrappeso e un'alimentazione non adeguata sicuramente favoriscono l'insorgenza e accelerano il decorso della patologia.



Cosa fare a livello dietetico?

In linea generale a livello dietetico è importante agire su queste componenti:

Questi tre fattori, uniti insieme, agiranno sullo stesso parametro: riducono il carico glicemico dei pasti. Perché è proprio riducendo il carico glicemico che si riduce il picco glicemico e insulinico dopo i pasti, migliorando la condizione.





Indice glicemico o carico glicemico?

Avete mai sentito parlare di diete a basso indice glicemico? Ancora oggi sull'argomento si fa molta confusione, e spesso in condizioni di pre-diabete e insulino-resistenza viene consigliato di mangiare alimenti a basso indice glicemico.

Spesso quindi ci si ritrova a cercare tabelle su internet, eliminando tanti cibi, come zucca e carote, spesso anche frutti come banana e fichi, senza che in realtà che ce ne sia effettivamente bisogno assoluto! Partiamo con il presupposto che:



La dieta a basso indice glicemico è una cavolata



L'indice glicemico preso da solo serve a ben poco, quello che conta di più è il carico glicemico. Cosa significa? C'è una differenza abissale tra i due termini!



L'indice glicemico indica quanto un alimento fa salire velocemente la glicemia.



Se ci fermassimo qui penseremmo che questo concetto basti per seguire una dieta congrua alla nostra condizione, magari eliminando tutto ciò che è ad alto indice glicemico e il gioco è fatto!

In realtà da solo l'indice glicemico non serve a nulla! Se io ad esempio controllo le tabelle degli indici glicemici vedrò che la zucca ha un indice glicemico altissimo. Però in realtà 100gr di zucca hanno solo 3g di carboidrati! Questo significa che quei 3 grammi di carboidrati entreranno velocemente nel mio circolo ematico, ma essendo solo 3g la glicemia si alzerà di pochissimo!

Esempio, mangio 200gr di zucca, 6g di carboidrati in totale:





I carboidrati sono pochi, non si sarà un picco glicemico elevato, l'insulina non si alzerà di molto.



Altro esempio, bevo una lattina di cocacola, quindi non solo anche qui l'indice glicemico è alto, ma sono ben 35gr di zuccheri tutti insieme:





In questo caso il picco glicemico sarà maggiore, ciò necessiterà di una quantità di insulina maggiore.

E badate bene: la quantità di insulina necessaria per abbassare la glicemia sarà proporzionale alla quantità di carboidrati mangiati, se parliamo di soggetti sani. Ma per chi è insulino-resistente, la quantità di insulina rilasciata sarà abnorme a parità di carboidrati con un soggetto sano! Questa è la differenza principale, e questo è il motivo per cui non bisogna sottovalutare questa condizione.



Il carico glicemico indica quanto un alimento fa salire velocemente la glicemia in relazione ai carboidrati che contiene.



Ecco perché il carico glicemico risulta molto più importante! Il carico glicemico mette in relazione l'indice glicemico dell'alimento con il suo contenuto effettivo di carboidrati! Risulterà quindi che un alimento come la zucca ha un bassissimo carico glicemico, molto più basso di una cocacola, un succo di frutta o un dolce.

Inoltre, se associo un alimento ad alto indice glicemico a proteine, fibra e grassi (ma senza esagerare!) la digestione verrà ulteriormente rallentata e quegli zuccheri entreranno nel sangue più lentamente, evitando picchi glicemici e insulinici.





La dieta mediterranea va bene?

Dipende! Anche solo seguire le linee guida della dieta mediterranea apporterebbe innumerevoli benefici se parto da una dieta completamente sregolata, ricca di eccessi (sia in termini di carboidrati che di grassi!)

La dieta mediterranea infatti mira ad un aumento del consumo di alimenti a basso carico glicemico (come farine, pane e pasta integrale), all'aumento del consumo di ortaggi e verdure e inoltre mira ad un consumo di zuccheri inferiore al 10% del proprio fabbisogno calorico, ovvero prevalentemente da frutta.

Questo cosa significa, che non posso consumare dolci? Dipende. Puoi consumarli ma in piccole quantità, meglio se lontano da altre fonti di carboidrati e zuccheri. Ma se la condizione è grave magari per alcune settimane meglio evitarli. Non ci sono quantità ideali, basta solo un po' di buon senso: se voglio risolvere la mia condizione, almeno inizialmente meno dolci mangio meglio è, limitiamoli magari alle occasioni speciali.

Ricorda: è sempre la dose a fare il veleno!

Per quanto riguarda la quantità di carboidrati complessi (ovvero amido da pasta, riso, pane, ecc...) molto dipende dal nostro livello di sedentarietà. La dieta mediterranea consiglia un quantitativo tra il 45-60% di carboidrati calcolati sul nostro fabbisogno energetico giornaliero. È ovvio che meno ci muoviamo meno il nostro corpo necessiterà di carboidrati, e a maggior ragione per una persona insulino-resistente la quantità di carboidrati non dovrà superare il 45%. Se poi la dieta è anche ipocalorica capirete che quel 45% sarà anche più basso rispetto ad una dieta normocalorica!

Ricorda parte II: Non si ingrassa o diventa insulino-resistenti perché si assumono carboidrati, ma perché ne assumiamo troppi rispetto a quanti il nostro corpo ne richieda!



Come ridurre il carico glicemico? Di seguito alcune regole generali:

Quando espongo queste regole spesso mi vengono poste domande del tipo: ma quindi non posso più mangiare pasta e patate?? No, non è che non puoi mangiarla in maniera assoluta. Le regole assolute e le restrizioni eccessive servono solo per farci fallire abbandonando il regime dietetico. Pasta e patate non è l'ideale ma ciò non toglie che, se la condizione non è gravissima, ogni tanto si può fare. Ma di certo non deve essere il piatto di prima scelta! Alterniamolo sempre a verdure a basso contenuto di carboidrati e ricche di fibra.





E se non dovesse bastare? Dieta low-carb o chetogenica!

Talvolta la condizione di insulino-resistenza rende poco efficace una dieta mediterranea, anche se costruita a basso carico glicemico. Molte persone lamentano spesso che i risultati sono avvilenti quando cercano il dimagrimento, anche a fronte di % di massa grassa elevatissime non riescono a perdere più di 1Kg al mese. In effetti la condizione di insulino-resistenza non aiuta a dimagrire.

In questi casi potrebbe essere necessario per un breve periodio seguire delle regole più stringenti sugli zuccheri e sui carboidrati, seguendo diete a bassissimo contenuto di carboidrati (inferiori a 100gr al giorno) o una dieta chetogenica (inferiori a 20gr al giorno).

Si tratta di tipologie di diete che sono utilissime nel breve termine a ridurre l'insulinemia e i picchi insulinici, ma andrebbero poi alternate a diete a più alto contenuto di carboidrati. Sul lungo termine la chetogenica, se seguita ad esempio per oltre 6, 8 o 12 settimane potrebbe comportare essa stessa temporanea insulino-resistenza nel momento in cui si reintrodurrano i carboidrati. Quindi mai seguirla per troppo tempo e soprattutto alternarla a diete con carboidrati!

La chetogenica è un ottima arma, ma va sempre considerato che la soluzione è poi quella di imparare a mangiare correttamente, insegnando al corpo a sfruttare i carboidrati in maniera corretta. E nella maggior parte dei casi questo significa introdurre anche una regolare attività fisica.





In conclusione

Trovare una soluzione unica per tutti non è semplice, ogni caso va valutato in maniera personalizzata. Quello che è certo è che non esistono diete migliori della dieta mediterranea se parliamo di benessere a lungo termine. Ma in brevi periodi potrebbe essere necessario adottare delle strategie d'urto, alternate ad approcci più sostenibili.